Annunciati i vincitori della decima edizione del Premio Fondazione VAF
Annunciati i vincitori della decima edizione del Premio Fondazione VAF
Annunciati i vincitori della decima edizione del Premio Fondazione VAF

Debora Garritani, Monica Mazzone, Alessandro Nanni sono i vincitori del decimo Premio VAF, assegnato il 27 settembre al Mart di Rovereto. Nella stessa occasione, il comitato scientifico composto da Elena Pontiggia, Gabriella Belli, Nicoletta Colombo, Volker W. Feierabend, Serena Redaelli, Denis Viva ha conferito un premio alla carriera a Marcello Morandini.

 

“Il Premio VAF si distingue per la ricerca e per l’amore che riserva ai giovani artisti. È una proiezione della sensibilità, del gusto e dell’istinto di Volker W. Feierabend, che trova conferma a posteriori nelle scelte dei critici che accompagnano la sua passione per l’arte del Novecento italiano e per gli artisti delle ultime generazioni sui quali il giudizio non si è ancora definito.

Feierabend deve molto al Mart che ha accolto la sua collezione valorizzandola; e il Mart deve molto a Feierabend che nel museo ha trovato la casa per i suoi quadri. Che, dopo Kiel, l’organizzazione del Premio abbia sede al Mart è per me la conferma di un rapporto ormai storico e motivo di orgoglio per l’impegno che la selezione dei concorrenti e la scelta dei premiati comportano, nella sorpresa di conoscere personalità fino a oggi sconosciute.

Con questo spirito ho condiviso la volontà del Fondatore di accogliere il Premio nelle sale del museo vivificate dalle opere fondamentali di tanti maestri del Novecento appartenenti alla Fondazione VAF, perché le nuove opere di giovani artisti convivano e condividano gli stessi spazi”

Vittorio Sgarbi, Presidente del Mart

Primo premio

Debora Garritani 

Nasce a Crotone nel 1983. Conseguito il diploma di maturità scientifica, intraprende studi giuridici presso l’Università di Parma, che abbandona per studiare all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove consegue il diploma accademico di primo livello in pittura e in seguito quello di secondo livello in fotografia. Inizia a esporre in Italia e all’estero nel 2012; nel 2013 è finalista al Co. Co. Co Como Contemporary Contest; nel 2014 tiene la prima personale allo Studio d’arte Cannaviello di Milano ed è ammessa alle selezioni finali del Premio Cairo. Nel 2017 nuova personale allo Studio d’arte Cannaviello. Nella ricerca artistica affronta i temi esistenziali che caratterizzano la società contemporanea, tra cui il labile confine tra realtà e finzione, tra naturale e artificiale, la riscoperta del senso dell’attesa in una società dominata dal consumismo, e l’impatto quotidiano con le paure amplificate dopo la recente pandemia.

La tecnica raffinata della stampa fotografica su carta di cotone, il lavoro sull’autoritratto come indagine introspettiva, la costruzione artigianale degli ambienti, la ricerca estetica decisamente calata nel presente ma con continui rimandi all’iconografia passata, sono alcuni degli elementi che hanno convinto la giuria a premiare Garritani. 

Scrive Nicoletta Colombo nel catalogo della mostra che Garritani è capace di creare “stanze delle meraviglie che fluttuano tra verità e illusione in un effetto di persistente ambiguità tra natura e sogno”.

Secondo Premio
Monica Mazzone

(Milano, 1984) si è formata presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e lo IED di Milano. Attualmente insegna Cromatologia presso l’Accademia Aldo Galli di Como. È stata artista in residenza presso la NARS Foundation di New York, il MASS MoCA di North Adams e Lac o le Mon Foundation in Salento. Conduce la sua ricerca sulla possibilità di esprimere e percepire visivamente l’ossessione per la perfezione, avendo la geometria come principio guida. Le sue opere si traducono in “Immagini-Oggetto”, ossia dipinti, disegni e sculture checombinano bidimensionalità e tridimensionalità.

Mazzone partecipa in modo autonomo alla revisione e alla messa in discussione dei punti fermi dell’arte astratta, in corso in questi ultimi anni. Nelle parole del professor Denis Viva: “Il risultato finale è una combinazione inestricabile tra controllo e imprevedibilità, bilanciamento e dinamismo, nettezza e polisemica. […] Il corpo non è distinguibile dalla geometria, il tempo dal prodotto, l’esecuzione dal coinvolgimento psichico”

 

Terzo Premio

Alessandro Nanni 

(Carpegna, 1991) dopo la laurea in Lettere Moderne conseguita all’Università di Bologna, nel 2016 si laurea in Fotografia dei Beni Culturali all’ISIA di Urbino. Inizia poi a collaborare con Paolo Semprucci nel campo della fotografa di architettura e beni culturali e con Simone Casetta nel campo della stampa analogica fine-art. Dal 2017 approfondisce i fondamenti della drammaturgia dell’immagine occidentale con Giovanni Chiaramonte, di cui è assistente alla didattica nel corso di Teoria, storia e tecnica della fotografia presso il corso di Televisione, cinema e new media dello IULM di Milano. Dal 2018 è photo editor della rivista internazionale di storia dell’arte “Arte Cristiana” (Milano) ed è docente di Fotografia presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano.

Descritte in catalogo da Elena Pontiggia, le opere di Nanni sono dei frammenti. Non c’è nulla di aneddotico, potrebbero appartenere a qualsiasi luogo.

Eppure il lavoro di Nanni non assomiglia a nessun altro, “l’artista coglie segni e tracce quasi impercettibili, in una sorta di minimalismo lirico, dove però è la luce di un giallo pallido o di un bianco nebbioso che rivela che nulla è minimo. Perché non c’è nulla che non possa essere rischiarato”. 

Premio alla carriera

Marcello Morandini (Mantova, 1940)

Tra gli artisti più presenti nella collezione d’arte della Fondazione e noto al pubblico e ai critici tedeschi, è uno dei protagonisti dell’arte concreta.

Morandini “appartiene pienamente al secolo in cui è nato, il Novecento, che è stato il secolo del dubbio, della consapevolezza socratica del nostro non sapere. C’è anche l’ombra nella luce delle sue opere” scrive Elena Pontiggia nel catalogo che accompagna la mostra. “Le sue sono scacchiere metafisiche, tavole pitagoriche dell’essere e del non essere, costruzioni luminose in cui si annida l’oscurità, sia pure levitata e paradossalmente lucente”